Seleziona una pagina

Si celebra oggi e, per farlo, non si lavora.
Però se ci guardiamo intorno ci accorgiamo che da qualche tempo c’è qualcosa che non torna.
Una volta nobilltà e classi agiate non lavoravano mai ,il lavoro sporcava le mani ed era ritenuto indice di degrado sociale; una celebrazione del lavoro avrebbe fatto accapponare loro la pelle.
L’ottocento lo ha rivalutato ed anche i”ricchi” si sono rimboccati le maniche, non per ragioni ideologiche, ma solo perché la ricchezza si spostava dai campi alle fabbriche e lì andava ricercata ; le proprietà terriere che possedevano non rendevano più e chi davvero si sporcava le mani lavorando la terra scappava nelle città in cerca di miglior fortuna cercando di lasciarsi alle spalle uno sfruttamento  ancora simile alla schiavitù
Il lavoro si è esteso allora ad ogni classe sociale, sia pure tra grandi disparità di trattamento e questo ha innescato rivendicazioni sacrosante, raccolte e teorizzate da filosofi e condotte sul terreno dalle unioni dei lavoratori.
In ogni caso il lavoro si è spalmato trasversalmente ed il suo valore non è stato più messo in discussione
Poi di nuovo tutto è cambiato: globalizzazione, internet, intermediazioni finanziarie, automazione e terziarizzazioni produttive hanno stravolto l’immagine che avevamo del mondo lavorativo ed oggi vediamo che:
i “ricchi” lavorano più degli altri, non in ossequio al valore del lavoro ma solo perché non si stancano mai di accumulare ricchezza, se ci riescono.
La borghesia, classe portante dell’economia è in via di estinzione espropriata delle loro tipiche mansioni da nuove tecnologie produttive e informatiche.
Sorte simile quella degli operai, anche loro vittime dello stravolgimento della produzione industriale fatta oggi dalle macchine o emigrata nei cosiddetti paesi emergenti
L’offerta di lavoro residua è quasi sempre fatta dalla nuova classe sociale che andrebbe definita Precariato, incapace suo malgrado di qualsiasi proiezione nel futuro per sé e per i propri figli
Chiude la rassegna la classe dei disoccupati, sempre vasta e non intaccata dalle mirabolanti promesse, non mantenute dei vari politici di turno
Dunque,tolti i pensionati,i disoccupati,i precari (molti oggi al lavoro)  ,chi può davvero festeggiare è solo la minoranza che accentra la ricchezza a spese delle altre categorie e del fisco, incapace di regolare l’equilibrio contributivo ed in sintesi ancora a spese dei più deboli
E’ vero, non è sempre così ed esiste ancora una sottile fascia media con un lavoro stabile ed un minimo di prospettiva sul futuro
Questi più che celebrare una festa però sentono il primo Maggio come un giorno di ringraziamento e preghiera perché niente mini la loro situazione in un epoca di turbolenze economiche, sociali e belliche

Ma se così, è la domanda che ci si pone è: ma la ricorrenza di oggi è nata per festeggiare un mondo del lavoro fatto così?